Indice LA MUMMIA A MEZZA VOCE

 

Estratti del fascicolo stampa : pareri espressi dopo le anteprime europee del film.

 

" (…) Ringrazio Laury Granier per questo film poetico e strano. E importante che sia veduto, in particolare nei mondi privi di luce perchè ci offre quello che oggi è tanto necessario : la luce e l’ottimismo " Carolyn Carlson.


" (…) Con un entusiasmo davvero esemplare, Laury Granier si è lanciato al l’assalto della fortezza Cinema. Simile al mago Merlino che trascinava i Cavalieri della Tavola Rotonda verso l’avventura, riesce a vincere tutti i sortilegi, a superare le innumerevoli trappole della produzione cinematografica, a convincere una delle massime danzatrici del nostro tempo di entrare nel suo gioco a " mezza parola " ; dopo l’esperienza uscirà rinvigorita dal bagno magico. Laury Granier ha inventato il montaggio " a gara di ostacoli ", " l’effetto di balzo " . "  Jean Rouch.

 

" (…) Pasolini parlava di un cinema di poesia che egli opponeva al cinema di prosa. Poesia : è dapertutto nella Mummia a mezza voce, anzitutto nelle immagini che si accumulano, nel montaggio crepitante : Parigi si trasforma in una " selva di Broceliande " di cui Carolyn Carlson sarebbe la fata Viviana. Il film non somiglia a nessun altro di oggi. Per questo mi piace, mi commuove. " Jean-Paul Rappeneau.

 

" (…) E un’ opera estremamente personale in cui ritrovo molti degli impegni, delle convinzioni, delle ricerche di Laury Granier. Vi si notano parecchie trovate plastiche, un modo di esplorare il ritmo delle immagini, di spezzarlo, di allentarlo. Penso che tale film dovrebbe piacere a molti spettatori " Bertrand Tavernier.

 

" (…) Laury Granier ha affrontato con successo il problema delle riprese, quello del montaggio, lavorando senza tregua, a costo perfino di sacrificare intere sequenze di piani brevi ". Jean Gili, professore di cinema alla Sorbona, critico cinematografico, specialista del cinema italiano.

 

" (…) L’enorme chimera di Laury Granier è finalmente venuta fuori. Occorre congratularsene con lui. Siamo riportati all’età dell’ oro dell’avanguardia, negl’anni 25, quando il cinema era ancora un artigianato, nelle mani dei poeti. La Mummia a mezza voce potrebbe portare, come sottotitolo, un riferimento a Cocteau : " il canto di un poeta ". Claude Beylie, professore di cinema alla Sorbona, critico cinematografico.

 

" (…) Lo spettatore non pensi di stare per vedere un film dei soliti, fondato su dialoghi, bensi un’opera plastica musicale e danzata (…) Questo film è una specie di U.F.O. nella cinematografia odierna. (…) Per lo storico che sono, Laury Granier ha saputo ritrovare l’intensità dei montaggi di certi film muti dell’epoca di Eisenstein " (conversazione con Patrick Brion, storico del cinema, presentatore del cinema di mezzanotte alla TV FR3).

 

" (…) Questo film è profondamente legato al mio lavoro di pittore miniaturista. Ho lavorato al montaggio, un’immagine dopo l’altra, ricorrendo alla mia tecnica di miniaturista, il che ha modificato assai il mio modo di concepire il montaggio di ogni scena. Ho dovuto inventare un modo nuovo di montaggio. Due poetiche strutturano principalmente questo film, una poetica della discontinuità e dell’ellissi (legata alla parte più buia del film, con il rito di agonia e di morte) e una poetica dell’unità che dà la preferenza all’ispirazione propria della danza. Io stesso ho dipinto le miniature che dividono il film in nove capitoli, come pure le pitture che fanno da sfondo alle didascalie. " (Dialogo con Laury Granier nel catalogo del festival internazionale del Cinema Nuovo di Pesaro.1996)

 

" (…) Questo film è pure in un certo modo un film sperimentale che si distingue con un montaggio davvero incredibile. E un esempio di cinema diverso che indubbiamente piacerà ai curiosi. (in catalogo del Festival Internazionale del Cinema di Istanbul).

 

Le Monde, giovedi 19 novembre 1998, Jacques Mandelbaum : " (…) Del tutto sprovvisto di dialoghi, costruito come uno spartito visivo il cui contrappunto sarebbe ad un tempo musica e pittura, la Mummia a mezza voce è una prova poetica la cui ambizione sarebbe di ricollegarsi a un linguaggio perduto, quello del cinema muto. "

 

Aden, supplemento al Le Monde, 18-24 novembre 1998 : " (…) Laury Granier ha inventato un solfegio visivo i cui piani filmati sono montati secondo durate aritmeticamente fisse : per un " tempo " dato, una semibreve dura 48 immagini (dunque 2 secondi), una minima dura 24 immagini, e una semiminima 12 immagini… "

 

Le Figaro, 7 dicembre 1998, Anne-Sophie Catala, titolo : Il mondo meraviglioso di Laury Granier : " (…) L. G. è un mago del cinema. Il suo primo lungometraggio La Mummia a mezza voce è stato realizzato per merito di 150 sponsors e numerosi volontari. (…) E un film d’arte che associa pianoforte, arpa, pittura, e fa pure pensare ad alcune opere di Cocteau. (…) La successione rapida delle immagini comunica al film un ritmo scattante in armonia con le emozioni dei personaggi. " 

 

Le Figaroscope, settimana dal 18 al 24 novembre 98 : " (…) L’autore che è pure pittore ricorre a tutte le arti per creare visioni oniriche e giocose che evocano la morte e la rinascita. Più di 1700 piani (mentre un lungometraggio ne comporta in media 600) conpongono " un tessuto molto serrato di immagini e di ritmi che danno al film la parvenza di un sogno ". Un’opera molto originale. "

 

Le Canard Enchaîné, 18 novembre 98, P. V. : " (…) Dialoghi : nessuno. La musica, la danza, e la pittura sostituiscono i dialoghi in questo poema di Laury Granier dove l’onirico ed il simbolico si scontrano. Si crede di sognare : è appunto quello che si cerca. "

 

L’Humanité, mercoledi 18 novembre 98 : " (…) In quest’opera si sente il desiderio di assecondare i propri desideri, di ritrovare un bisogno di poesia sensibile, tattile, incarnata, qualcosa tra il cinema sperimentale – film danzato secondo Bouvier e Obadia, il Vigo di A proposito di Nizza, qualcosa che non si possa classificare e che piaccia nel rifiuto della norma. (…) Laury Granier, regista della tenacia, si vede in fine ricompensato… "

 

Le quotidien de la République, mercoledi 25 novembre 98, n°8, René Marx : " (…) Un film atipico, fuori della moda e per il quale Laury Granier ha lavorato, a dir poco, nove anni. (…) Annuncia che ha scoperto che le immagini hanno una loro matematica come le minime, le semiminime, e le semicrome di uno spartito. Un piano cosi deve durare un secondo e mezzo, un altro un dodicesimo di secondo. "

 

Le stagioni della danza (Les Saisons de la Danse), gennaio 99. Christine Martin :" (…) Il film corre rapido, usando una quantità di piani. Gli spettatori vengono trascinati verso l’essenza stessa del film : una fiaba particolarmente inebbriante quando il regista fa salire Carolyn Carlson sui cavalli di legno di una giostra. La grazia interviene in modo concreto quando Carolyn scopre la fontana a cavalli di bronzo di Carpeaux. Essa li venera, gli parla, li bacia, li monta, li abbraccia. Il suo corpo sposa la fredda curva dell’animale con un’emozione più poetica che non erotica. (…) Laury Granier ha vinto una bella scommessa : quella di mostrare che si puo filmare la danza uscendo dall’usato ambiente. Granier ha una percezione molto bella della danza ed è quel che gli permette forse di filmarla cosi bene . "

 

I quaderni del cinema (Les cahiers du cinema), n°530, dicembre 98, J. B. : " (…) Laury Granier, vero " postino Cheval " del cinematografo, si è costruito da solo per dieci anni un vero e proprio film-palazzo ad uso personale, cercando con tenacia, con la cinepresa in pugno di fare sorgere dal giardino del Lussemburgo un’autentica mitologia del reale che si palesi tramite i miracoli della magia punteggiato di inserti - le miniature dell’autore - il film dà prova di un vero senso pittorico. "

 

Le Film français, dicembre 98, P. C. : " (…) Laury Granier connosce il valore dell’accanimento al lavoro. Il suo ultimo film La Mummia a mezza voce è esemplare per parecchi aspetti. Dopo avere realizzato una cinquantina di corto metraggi documentari o culturali, Laury Granier incontra Jean Rouch che gli suggerisce di scrivere un copione. Realizza quattro versioni del suo film, l’ultima delle quali fa il giro del mondo. " Ora desidero solo più una cosa : affascinare ed essere affascinato. " "

 

Arts Sciences Techniques Connaissance des Hommes, n°26, gennaio 1999, Michel Estève : " (…) L’arte del raconto : La vita è bella di Roberto Benigni, La mummia a mezza voce di Laury Granier. (…) Film denso e breve, continuamente mosso secondo un ritmo nervoso, rapido, montato nella tradizione di Eisenstein, La mummia a mezza voce, a controcorrente delle mode odierne, senza violenza, senza dialoghi, dando all’immagine il primato assoluto, la prova cinematografica di Laury Granier carpisce la nostra attenzione come un’opera d’arte che colleghi cinema , pittura, scultura, danza e musica, stabilendo numerose corrispondenze tra di loro. (…) Tale itinerario si unisce a una struttura musicale suggerita da immagini ricorrenti che cogliamo come altrettante rime e assonanze visuali, plastiche : gli uccelli, i cavalli di legno, i corni dei cacciatori, le statue, l’acqua, le maschere. Si svolge in nove " capitoli " preceduti come nel cinema muto, da titoli intermedi iscritti su miniature dipinte dal regista. (…) Parecchi procedimenti simbolici ci orientano verso una simbologia della resurrezione : ascensione da un alpinista della cupola dell’Osservatorio di Parigi, pittura a cavalletto di Laury, musicista che suona l’arpa, giocoliere… Alcuni bambini giocano a campana sulle mappe del mondo. Nel rifiuto dei confini che possono ostacolare la tolleranza, queste mappe vengono trasformate come per magia in aquiloni colorati d’azzurro spinti verso il cielo. (…) La mummia a mezza voce ? Speranza di un mondo migliore che sarebbe generato da una personale rinascita. La costruzione di un universo tollerante dipende da ognuno di noi. "

 

La Vie (hebdo) settimanale cristiano di attualità dal 7 al 13 gennaio 99. Florence Mirti : "  (…) Nessuna resurrezione senza rinascita della carne. (…) Per fortuna il raconto dà posto all’umorismo ed al " meraviglioso ". "

 

L’officiel des Spectacles, 21 novembre 98, A. H. : " (…) Fiaba danzata e musicale (…) Carolyn Carlson, la fata, danza e si muove con le statue, i cavalli di legno, i palloncini dei bambini, i cigni dello specchio d’acqua e viandanti inventati. Le immagini parlano senza parole dell’infanzia, dell’angoscia, dei deliri, dell’ armonia. Un bell’angelo passa su un cavallo bianco… Una passeggiata poetica, aerea e simbolica con l’alchimia dei colori, delle note di musica, e una Carolyn Carlson lieve, ispirata, come il vivo ricordo di Isadora Duncan. "

 

Pariscope, mercoledi 18 novembre 98. " (…) In un giardino immaginario, nato da parecchi giardini parigini, la danzatrice Carolyn Carlson impersona il moto e la prima donna del mondo, uno spettacolo filmato, un’opera di grande originalità che unisce tutte le forme dell’arte : scultura, architettura, danza, pittura, musica, video-arte. "

 

Télérama, mercoledi 11 novembre 98, n°2648, Jacques Morice : " (…) Dove siamo ? Nella Mummia a mezza voce, sogno caleidoscopico, musicale e senza parole, in un lungo nastro d’immagini concepite come quadri poetici. Un pittore, Laury Granier celebra tutte le arti. "

 

Le Parisien, 15 dicembre 98, A. D. : " Perchè ha apprezzato molto il tono e l’estetica di questo sogno desto, la danzatrice Carolyn Carlson ha accettato di fare per la prima volta la protagonista del film La mummia a mezza voce di Laury Granier. Una parte muta, di coreografie da lei immaginate sulla trama di un copione originale. Carolyn Carlson vi fa la parte di una specie di fata (…) Volendo evitare il romanticismo, L. G. ha scelto le immagini più rapide, più contrastate per fare scoprire le ignote bellezze della zona dell'’Osservatorio di Parigi. "

 

Chemin d’Etoiles, La danza della Primavera, Michèle Finck : " Per Laury Granier, regista e pittore il confine tra cinema e pittura è della medesima natura invisibile di quello tra il mare e la schiuma del mare. Se il suo film La mummia a mezza voce traccia alcune vie luminose, è sul crinale dove il senso vacilla, il quale potrebbe aprire al cinema ritemprato nella fonte della pittura la via verso una ridefinizione della poesia : non più una poesia fatta di parole, bensi una poesia di mezze parole tracciata con quel che il regista chiama " i pennelli dei corpi " (…) Bisogna rendersi all’evidenza : questo film risponde oggi al nostro bisogno di poesia che non puo più soltanto soddisfarsi dei soli segni verbali e che vuole che il poema si cerchi oltre le parole. (…) Quali altre chiavi per entrare in questo film se non questi due motti che chiedo in prestito alla coreografa Marta Graham : " il movimento non mente " e " abbiamo cosi poco tempo per nascere all’attimo " (…) L’iniziativa viene lasciata al ritmo che sempre fustiga, che precede, contesta l’immagine e conferisce al montaggio il suo tempo rapido, incendiario, un movimento elicoidale. Ecco la promessa con la quale si aprono le " illuminazioni " di Laury Granier : per noi che siamo forse anche mummie avvolte nelle striscioline delle convenzioni, delle mensogne e delle sofferenze, la smumificazione, l’uscita danzata fuori della propria crisalide, lo svegliarsi vestiti di un " nuovo corpo innamorato " sarà possibile già in questa vita o forse in un altra ? "

 

Chemin d’Etoile, Point de vue, Jean-Yves Masson : " (…) La mummia a mezza voce è un poema cinematografico con musica e danza (…) poema che non somiglia a nulla di quello che si possa vedere oggi sugli schermi. (…) Un cinema che ritrova le sue origini di lanterna magica da molto tempo smarrite, viene a prestare i proprii prestigi e incantesimi senza estetismi nè facilonerie (…) Nell’altro mondo i morti somigliano a quei corpi di fumo che errano nell’elemento diafano in cerca della loro vita perduta, a quei ballerini dai movimenti ardenti di scintille che popolano lo schermo per alcuni attimi. Alla fine avrete indubbiamente come me l’impressione di avere percorso troppo in fretta una via iniziatica che porta al risveglio dell’anima e, siccome una lettura non esaurisce un poema, saprete che le immagini che scoprirete impresse nella memoria chiedono di essere riviste, a lungo riprese e meditate.

 

Le schede del cinema 1998, J-C. B. : " (…) Si tratta di un film inclassificabile, senza la minima linea di dialogo, che mette in scena la celebre danzatrice coreografa Carolyn Carlson (…) Il regista con un lavoro totalmente estetico e formale crea il proprio linguaggio cinematografico a forza di ricerche visive e plastiche rivolgendosi unicamente ai nostri sensi. I simboli sono molti ma lo spettatore puo soprattutto abbandonarsi al fascino dell’audace poesia. "

 

Cinelive n°18, novembre 98, Xavier Leherpeur: " (…) Il progetto è ad un tempo ambizioso e arrischiato : filmare senza ricorrere ad uno scenario classico, una specie di parabola in cui le arti riunite con la loro permanenza e la loro universalità riuscissero a trionfare della morte e dei limiti, nella speranza di ricostruire un’eternità umanistica. Ecco un film di grande sincerità. "

 

Studio magazine n°139, novembre 98, Claude d’Yvoire : " (…) Questo film musicale interamente ideato da L. G. è una ingenua favola poetica che dovrebbe commuovere gli ammiratori della celebre Carolyn Carlson, la danzatrice che impersona questa misteriosa sirena cittadina. "

 

Nova Magazine n°47, novembre 98, Jean-Marc Manach : " (…) Film sperimentale, La mummia a mezza voce è strano e poetico, L. G. gli ha dedicato dieci anni della sua vita. "

 

L’Hebdo/ V. O. Actualité ouvrière n°2830 del 20 novembre 98 : " (…) Ci sarà in Francia un posto per il cinema sperimentale ? Questo film firmato dal pittore L. G. pone di nuovo il quesito.(…) E indubbiamente una creazione di valore con Jean Rouch come mallevadore. "

 

Actua Ciné n°184, novembre 98 : "  (…) La celebre danzatrice e coreografa Carolyn Carlson si slancia nel cinema con la sua solita grazia. Un film affascinante, strano e poetico che ha ottenuto il primo premio Andreï Tarkovski. "

 

Roc n°1433, dal 28 novembre al 4 dicembre 98 , Georges Collard : " (…) Si tratta di un film balletto da porre nella categoria " Arte e prova " : quest’opera è una specie di divagazione poetica danzata che assume un valore simbolico. (…) Le immagini sono sempre corrette e i simboli di buona qualità. E difficile nondimeno dominare l’ermetismo che investe il senso generale dell’opera e che si rivolge a un pubblico preparato che sia in grado di apprezzarlo. "

 

Ernest Hebdo n°11 e n°19, giornale della Scuola Normale Superiore, del 26 novembre 1998 e del 22 febbraio 1996 : " " (…)  La danza si è imposta nel film come linguaggio del corpo, universalmente comprensibile, al di là della barriera delle parole. " "

 

Le Bocal (giornale della Scuola Normale Superiore di Parigi.), Marzo 96 : " (…) Tale film particolarmente originale è il risultato di un lavoro di lunga lena svoltosi sulle tecniche del montaggio come sul modo di integrare altre arti in uno spettacolo filmato. Il film è breve, denso, estremamente lavorato. La presenza di una protagonista quale Carolyn Carlson e il collegamento particolarmente armonioso delle immagini e dei suoni che s’incontra in questo film meritano che ci si soffermi. "

 

France-Itralie, n° 423, Gennaio-febbraio 97 , Michèle Finck, titolo : Laury Aime : l’infinitesimale, l’intervallo e l’invisibile. " (…) Libero erede dei monaci miniatori e dei loro manoscritti miniati, Laury Aime apre una via nell’esplorazione dell’infinitesimale, dell’intervallo e dell’invisibile. L’acume e la mobilità della pennellata che segue un’estrema concentrazione, il paziente lavoro di ripetizioni e di variazioni, l’attenzione chirurgica al minimo spazio colorato, permettono all’esperienza del sacro, cosi tenue e cosi riservata di risalire dal profondo tremante del tocco stellare.

Il senso dell’immensità e dell’infinito affiora in ogni piccolo punto. L’occhio ascolta una vibrazione centrale che si propaga nelle linee tracciate, linee cantate, ritmate, modulate, song line di un libro delle origini riesumato dal pennello di un archeologo. Cosi feconda è tale coincidenza dell’occhio e dell’ orecchio, vibrazioni visibili e vibrazioni udibili nel scintillio silenzioso delle cellule luminose che diventa l’altoforno a partire del quale si elabora uno dei maggiori tentativi di Laury Aime : un pianoforte dipinto, miniato come un libro d’ore ; sulla superficie fremente (mare all’alba, terra e neve di fuoco) ogni microscopico anello di colore respira e risuona fino al cancellarsi del divario tra pittura e musica."

 

Contre-Plongée, Giornale del cinema l’Odissea di Strasburgo, ottobre-novembre 98, Pierre Haffner, professore di cinema all’Università di Strasburgo: " (…) E un film col quale non si tratta di giocare d’astuzia. C’è gente cosi che mette lo spettatore al suo posto. C’è tutto da vedere e potete pure non vedere niente affatto. E un film di una totale libertà perchè è pure completamente il film del suo autore. Laury Granier è anche pittore, guardate i suoi quadri che segnano il suo viaggio come punti colorati (le miniature sono esposte contemporaneamente alla Galleria Aktuaryus). (…) L. G. è pittore : quando lo schermo è la sua tela, ha un solo desiderio, che il mondo (il tempo, lo spazio e tutta la storia dell’umanità) ci si introduca e ci si perda o piuttosto vi si organizzi conforme alle sue pennellate, ai suoi entusiasmi. (…) Una birichinata che non pretende di raccontare l’inesprimibile, ma un vero film mistero o un mistero diventato film : un viaggio d’infanzia in un giardino, una meraviglia ! "

L’hebdoscope, 11 novembre 98, Maxime Stintzi : " (…) Indubbiamente i minuti troppo brevi, ora fluidi, ora urtati di questa fantasia impossibile da classificare sconcerteranno certi esploratori d’immagini del cinema Odissea. Sta bene cosi, giacchè il pittore regista vuole appunto aprirci altre vie nel microcosmo di un quotidiano che capiamo male, come in noi stessi. (…) film audace, dal profondo impatto spirituale (…) Per certi aspetti irritante, soprattutto stimolante. "

Dernières Nouvelles d’Alsace, n°260, giovedi 5 novembre 98, Jérôme Mallien : " (…) In un certo modo, la Mummia a mezza voce fa pensare a certe opere francesi d’avanguardia degli anni venti (…) Una dimensione alla Cocteau di viaggio coreografico iniziatico dall’altra parte dello specchio, il montaggio soprattutto prima animato da un’agitazione irrepressibile, percorso poi di lunghi fremiti, di staccati di stasi quasi contemplative (…) La Mummia porta ad ogni modo il segno dell’intensa energia che pare avere presieduto alla sua lunga gestazione. Il che già merita più del ripetto. "

L’Alsace (quotidiano) Martedi 3 novembre 98, Pierre-Louis Cereja :  titolo : Immagini e note : "  (…) L’uomo che ha indubbiamente contribuito alla nascita del film è Jean Rouch, il più famoso regista-esploratore-etnografo del cinema francese (…) " Da una quindicina di anni -dice Laury - provo la necessità di dipingere. Un lavoro di miniatura per cui ogni linea, ogni punto conta. Ogni traccia che si riflette permette di raggiungere uno stato spirituale. Questo pure mi ha aiutato a montare il film " (…) La Mummia a mezza voce che fa spesso pensare ai grandi classici del cinema muto, è un film in cui musica e danza hanno una parte capitale perchè sono comprensibili da tutti (…) La mia scoperta principale nella Mummia è che l’immagine puo essere una nota musicale "

Reflet (Dernières Nouvelles d’Alsace) 28 ottobre-3 novembre 98 : "  (…) La resa estetica di questa impresa onirica dà alla Mummia un posto scelto nella storia del cinema surrealista. "

L’hebdoscope, Strasburgo 11 novembre 98, Françoise Urban-Menninger : " ( …) Per Laury Granier, regista, autore della Mummia a mezza voce, il cinema è una grande lavagna sulla quale immagini animate si susseguono, mentre la cinepresa diventa una specie di  " pennello elettronico ". L’analogia è suggerita all’artista dal fatto che pittore e regista sono sempre vicini (…) Ogni opera pare contenere in sè il germe di una nuova festa a cui tutti i sensi sono invitati. Questo è forse il segreto di Laury Aime che ha serbato dell’infanzia l’arte di sorprenderci e di affascinarci. " 

Les affiches du Moniteur, Strasbourg, 25 ottobre 98 :  " Non dobbiamo aspettarci di vedere un film. La Mummia a mezza voce si fa gioco delle regole cinematografiche comuni. E si compiace nel tracciare un solco poetico ridefinendo via facendo i confini tra cinema e pittura. (…) Qui la poesia si libera delle parole per iscriversi coi " pennelli dei corpi ". Chi meglio di Carolyn Carlson poteva incarnare la donna che attraversa le varie fasi di un rituale iniziatico che si svolge secondo lo schema : crisi, agonia, mummificazione, resurrezione. "

La Lozère Nouvelle, venerdi 30 agosto 96, Henri Roussel :  "  Dotte e ossessive strutture miste alle belle immagini dei giardini di Parigi in cui gli aquiloni e i palloncini variopinti dei bambini s’innalzano spinti dal vento nel cielo illuminato dal sole del mattino. (…) L’opera è un’armonia quasi perfetta come le foglie del castagno disposte sul loro ramo, quasi altrettanto perfetta delle foglie del salice. "

 

Pazze finzioni

In merito alla Momie à mi-mots 1 di Laury Granier.

 

Di primo acchito la finzione confessata di Laury Granier è adorna di tutta la seduzione della nostalgia. Il suo giardino del Lussemburgo ha i colori tenui e appannati del "verde paradiso degli amori infantili". E non senza emozione lo spettatore, se è cresciuto a Parigi all'inizio degli anni sessanta, ritroverà le figure evocatrici delle sue passeggiate del giovedi pomeriggio, la donna che vende Io zucchero filato, il barbone che distribuisce le briciole agli uccelli e la giostra dei cavalli di legno. Per poco si lascierebbe prendere dal fascino vieto, insinuante e malinconico proprio del film di Albert Lamorisse, il Pallone rosso.

Pero Io staccato delle immagini scandite secondo piani successivi, sempre più veloci non ci consente di abbandonarci a quei piaceri troppo mansueti. Non è il fascino discreto dei ricordi che porta Laury Granier a trasfigurare il Lussemburgo, bensi piuttosto il sofflo violento del sogno, e della pazzia. Carolyn Carlson non è Julie Andrews; quel giardino segreto è destinato a fare da sfondo a scene dolorose, a riti misteriosi, come pure a benefiche allucinazioni,

Come in sogno l’intreccio si limita a una trama elementare scucita ma finalmente lineare, ossia la persecuzione, l’agonia, la mummificazione e la resurrezione di una danzatrice. Come in sogno si espande in una profusione di partîcolari, in una presenza ossessiva di oggetti e maschere il cui valore simbolico deve per forza rimanere incerto, nel balletto incessante di personnaggi abbondantemente fregiati e forieri di potenti misteri.

Come in sogno, il racconto lascia pero spazio allo "humour" (inenarrabile Jean Rouch, da placido re mago dei castelli di sabbia), all'incongruo (la caccia a corte sulla giostra del Champ de Mars) e al meraviglioso Pegaso, lanciato di galoppo sulle aiuole del Champ de Mars. Come in sogno infine, la sua qualità vale sopprattutto per la potenza suggestiva delle immagini che fa nascere.

La resa estetica di questa impresa onirica dà alla Mummia un posto eletto nella storia del cinema surrealista. Nell'assumere tale filiazione, Laury Granier sfrutta tutte le risorse di un "mercato alle pulci" che Duchamp non avrebbe rinnegato. Agli oggeti strani - chiavi lavorate, aquiloni variopinti, maschere dell'Himalaya o delle Ande - si aggiungono le dimostrazioni di parecchi eminenti specialisti di discipline improbabili (giocatori di yo-yo, suonatori di corno, cavallerizze, acrobati). Nulla pero di gratuito, nulla di sistematico, né di plateale in questo accumulo. Da una parte l'allegria di queste cianfrusaglie contribuisce all'atmosfera euforica del film. Dall'altra, la virtuosità del montaggio, la sua estrema scorrevolezza, serba a tali apparizioni la loro irreale dignità. Essa crea soprattutto momenti di pausa che contrastano con questo ritmo ipnotico, in cui ad un tratto la bellezza singolare di un’immagine insolita irradia improvvisamente, come la macchia rossa di quel mazzo di gladioli che si stacca sul biancore della cupola dell'Osservatorio.

Pero, per andare oltre il mirabile e dare a questa fiaba gli accenti piu torturati che il regista ambiva occorreva ancora altro. Nessuna ricerca formale era indubbiamente capace in sè stessa, nelle condizioni che Laury Granier si era fissato, di suggerire la parte di incubo incluso nel suo sogno. Per questo la Mummia a mezza voce è pure un film danzato, una tragedia in musica come lo indicano appunto le immagini e alcuni piani rapidi che svelano Carolyn Carlson "in esercizio", aureolata dalla luce elettrica mentre esegue i movimenti indispensabili alla sua arte. Alcune delle scene più valide del film, che segnano i momenti fatidici dell'intreccio trovano cosi una loro bellezza patetica nella grazia delle inprovvisazioni della danzatrice. Servite da una musica originale 2 ossessionante, essa riesce a suggerire i tormenti dell'agoscia mentre viene imbalsamata. Cosi che, in capo al percorso, durante una danza di resurrezione addirittura sconvolgente, la mummia ormai spoglia degli orpelli di cotone, pare offrire ai cavalli di bronzo della Fontana Carpeaux l'omaggio ispirato di una innamorata sacerdotessa pagana. Film onirico, film danzato, film muto. Come un tempe, certi cartelli intermedi indicano in una dozzina di lingue e in quasi altrettanti alfabeti 3 , i tempi del racconto nel suo svolgersi (ma qual è dunque la lingua dei nostri sogni?). Si avrà capito che l’ambizione suprema di Laury Granier non è altra che di servirsi della sua cinepresa, della sua memoria e della sua fantasia per tracciare le prime parole di una lingua universale. E non è il minor paradosso del suo film il fatto ch’egli tocchi in certi momenti questo vertice inaccessibile dopo avere rinunciato a tutte le regole solite della leggibilità.

 "Tanto va la fede nella vita, in quel che la vita ha di maggiormente precario, la vita reale, s'intende, che alla fine tale fede si perde" (André Breton) 4. Consentendo ad abbandonare una fede cosi vana, Laury Granier è riuscito, in capo a sette anni di sforzi, a compiere il progetto della sua pazza "finzione". Egli cosi ritrova le virtù di una fantasia spoglia di qualsiasi preoccupazione utilitaria, sovranamente indifferente agli imperativi della produzione come alle regole delle scuole di regia. Quella fantasia primordiale di cui Breton nella sua perspicacia, temeva che, stanca di esser trascurata o traviata, abbandonasse l’uomo al suo destino, privo di luce. E La Momie à mi-mots costituisce cosi, con nostro grande sollievo, una luminosa eccezione.

1 Sceneggiatura di Laury Granier e Michèle Finck

2 Musiche di Alain Krernski (pianoforte e conche tibetane), Margret Brill (arpa), Michel Deneuve (cristallo), Olivier Lliboutry (musica eletronica).

3 Da quanto sappiano, soltanto Fritz Lang nelle "Tre Luci" aveva avuto l'idea di servirsi in questo modo della grafia dei cartelli.

4 André Breton: Primo manifesto del surrealismo, 1924.

 

Laurent Burin des Roziers, dicembre 1996

in Turbulences Vidéo n- 14, gennaio, 97.

Traduzione di France Granier.

 

Difficile dire ancora qualcosa di La Momie à mi-mots di Laury Granier dopo aver letto "Momeries en folie" in "Turbulences Vidéo". Ecco, potrei tutt'al pîù aggiungere che, per quanto riguarda 1a storia cosi allusivamente delineata, la danzatrice rinata e rinnovellata si integra in un mondo fantastico più fresco e stupito (il gioco infantile delle barchette nella vasca del parco) che l'attende fin dall'inizîo. Un messaggio dunque di rinascita e di socialità che allontanano anche i turbamenti più recenti che la donna ha sperimentato. Sulla costruzione del film posso dire soltanto che è un capolavoro di finezza e di poesia che scaltrisce gli elementi tecnici in modo tale da renderli flessibili a ogni esigenza del pensiero, dell'immagine, del movimento, dell'inquadratura. Tutto è diventato musica: la materia è compenetrata dalla musica e tutto è danza senza residui. Le inquadrature astratte, intercalate alle sequenze filmiche, si accolgono come un commento ad esse, l'unico forse possibîle.

Penso che se Paul Klee avesse potuto vedere questo lavoro, ne sarebbe rimasto incantato anche per il solo fatto della musicalità: quella delle immagini, delle dissolvenze, delle cromie, della colonna sonora fuse insieme.

La fotografia è stupenda. Il montaggio qui è stato di sicuro "la forbice poetica delle riprese". Una cosa bella che avrà sviluppi di grande interesse e importanza. Mi sembra addirittura riduttivo parlare di surrealismo se non nel senso poetico di trasfigurazione.

 

Mondovi, 21 marzo 1997

Adelina Rodolico Gariglio

 

Per il quotidiano Giornale di Brescia

 

LA DANZA COME RESURREZIONE

 

"Tutto é chiaro, limpido, affascinante, gioioso, e tutto é poeticaniente misterioso in Laury Granier, un cineasta di 35 anni che è anche scenarista, produttore, distributore, professore di Arte e Scienze dell'arte (cinema, televisione, audiovisivo) dell’Università della Sorbona di Parigi . Laury Granier è pure pittore ed espone con il nome di Laury Aime. Al suo attivo ha una cinquantina di cortometraggi su soggetti vari fra cui l'architettura e la pittura, diffusi alla televisione e in festival internazionali. In Argentina, il suo talento è stato riconosciuto con il prestigioso Primo premio Andreï Tarkovski per la creazione artistica e il linguaggio cinematografico; in Russia, Turchia, Croazia, Canada, Inghilterra, Germania, in Francia naturalmente, è stato selezionato in importanti festival. Laury Granier è soddisfatto dei suoi successi nazionali e internazionali, ma ci tiene a evocare il premio ricevuto in Italia ai Festival del Cinema Nuovo, a Pesaro, e quello del XI° Festival Internazionale del cinema e televisione Eurovisioni, che gli è stato consegnato a Villa Medici di Roma, città che ama particolarmente perché vi è vissuto da piccolo fino all'adolescenza : parla l'italiano quasi come se fosse la sua lingua materna.

Da cinque mesi, è proiettato a Parigi, dopo aver suscitato, e suscita anche a Strasburgo, elogiose critiche e affluenza di pubblico, un suo film, La momie à mi-mots. Perigliosa la traduzione. In francese il titolo offre " morbide " assonanze, non è la stessa cosa in Italiano: "La mummia a mezze parole ". In un'ora di proiezione, passiamo agevolmente da un universo reale aperto al sole, alle nuvole, al vento, a una poesia pura scevra di qualsiasi intellettualismo. I siti scelti sono Io splendido Giardino del Lussemburgo, con il palazzo dello stesso nome (oggi, Senato) che fece costruire Maria dei Medici nel 1615, dove passeggiano, sostano giovani coppie, studenti, anziani e dove giocano bambini ; l’Osservatorio di Parigi che volle Luigi XIV nel 1667, con l’astronomo italiano Cassini; il campo di Marzo, immenso ex-terreno di manovre nel 1765 quando fu costruita, di fronte, la Scuola militare.

Altri luoghl e rive appaiono sullo schermo, fontane parigine e la fontana di Trevi, a Roma che s'inseriscono in un movimento di folle, di individui di tutti i glorni, con la rara presenza di qualche attore noto la cui semplicità dei movimenti e il mutismo sono accompagnati dalla musica, da caleiodoscopiche immagini, da bagliori improvvisi, da sfumature di cielo e di mare degni di Canaletto, Guardi, Turner. Tutto contribuisce all'esigente pensiero dell'autore, all'intima necessità del suo itinerario che è quello del passaggio dalla morte alla resurrezione, cammino nascosto e svelato, nel contempo, sogno vivido e oscuro, significativo e allusivo, come tutti i sogni, ma che lo spettatore condivide, pur mantenendo libera la propria fantasia che il film alimenta con un festoso movimento che potrebbe essere una danza perpetua.

E infatti è la più sublime danza che si possa immaginare poiché la protagonista é la grande, la magnifica, l'irraggiungibile ballerina americana Carolyn Carlson. Ed é qui che comincia la più grande avventura che possa capitare a un cineasta per cui il cinema non è un affare commerciale. "Avevo deciso di non produrre più cortometraggi che mi costavano molto, contavo di consacrarmi definitivanente alla pittura, mi dice Laury Granier, quando (dieci anni fa, incontro in un caffé Jean Rouch, il famoso etnologo, cineasta, autore di centocinquanta film, ex-presidente della Cinemateca francese, che avevo intervistato tempo prima (ho fatto pure il giornalista) e che, conoscendo il mio lavoro di cineasta , mi provoca chiedendomi di scrivere un nuovo film. Impossibile resistere all’incoraggiamento di una tale personalità. Mi sono messo subito all’opera con Michèle Finck, alta poetessa, autrice di saggi sulla poesia e di sceneggiature, professore con catedra di letteratura comparata all’Università di Strasburgo: le idee ci sono venute prioprio passeggiando nel giardino del Lussemburgo senza immaginare che Carolyn Carlson sarebbe stata l’interprete del film".

Non è un racconto di Natale ma gli assomiglia : il musicista Alain Kremski che accompagna ed esalta il film con altri esecutori, parla dello scenario a Carolyn Carlson :

"Non la conoscevo personalmente, precisa Granier ma mi ha inviato subito una lettera firmata nella quale mi scriveva: "voglio fare questo film con te. " Per me è stato un enorme cambiamento: quando una grande dama internazionale della danza accetta di entrare nel giuoco bisogna esserne degni. Io e Michèle abbiamo riscritto lo scenario per lei, sono intervenuti nuovi elementi, un film che era cominciato come un cortometraggio ha preso un’altra ampiezza ". I1 Gruppo di Ricerca e Studi Cinematografici accetta subito il copione, accordandogli una piccola sovvenzione, insufficiente tuttavia per fare un film, ma centocinquanta enti appartenenti ai settori più svariati gli permettono di realizzarlo; anche il padrone di un ristorante presso il Lussemburgo vi contribuisce offrendo tutti i giorni i pasti alla centinaia di persone che Granier dirigeva. E il film è potuto arrivare nelle sale perché un laboratorio ha tirato gratuitamente la copia.

Carolyn Carlson appare nelle prime immagini attorniata da re magi che l'avvolgono in strisce di tela come una mummia e la caricano di orpelli a mo' di idolo; rannnicchiata poi, "come nella posizione fetale delle mummie peruviane" spiega Michèle Finck, in una di quelle vasche di sabbia che sono poste nei giardini francesi per i giochi, la sua rinascita è preceduta da barnbini che saltano, corrono e che fanno volare verso il cielo le carte geografiche di tutti i paesi del mondo che si trasformano in aquiloni. La danzatrice comincia allora a dispiegare le membra, lentamente come se si svegliasse da un lungo sonno, disegnando, scolpendo lo spazio. Liberandosi con gesti ieratici della sua imbalsamazione, fa apparire tutta l’arte della danza, ma il film non indugia mai su una sequenza, fosse pure perfetta, è come un libro che viene rapidamente sfogliato le cui figure, le cui situazioni - persone che passeggiano all'aria aperta, "scalatori " della cupola dell'Osservatorio, cavalli marini, venditori di gelati - lanciano messaggi allegorici da carpire al volo. Nulla pero è gratuito, è come un puzzle da smontare e rimontare da sé.

Di questo film delicato che stimola fortemente la fantasia, Jean Rouch, che si compiace nel ritrovarsi come attore nel personaggio di " uno zotico con gli zoccoli ai piedi ", ha scritto che Laury Granier "si è 1anciato all’assalto della fortezza Cinema, come il Mago Merlino che guida all’avventura i Cavalieri della Tavola Rotonda". Egli dice di Carolyn Carlson dice che, dopo questa esperienza, è come se si fosse tuffata "nella fontana dell’eterna giovinezza". I1 grande cineasta Bertrand Tavernier prevede che "il modo di Laury Granier di esplorare il ritmo delle immagini, di spezzarle, di distenderle attirerà molti spettatori e Pierre Haffner, professore di cinema all'Università di Strasburgo, commenta : " Questo film non pretende raccontare l’indicibile, è un vero film-mistero o un mistero reso film: un viaggio d’infanzia nei giardini, un incanto". Nel film ripreso durante la realizzazione della Mummia si vede il cineasta dirigere con la calma e la fermezza di un generale sul campo di battaglia la massa variopinta di persone di tutte le età che si muove continuamente come se fosse portata dall'entusiasmo, dall'insaziabile desiderio di conoscenza, e tutto si organizza intorno al deus ex machina senza che poi Io spettatore ne senta Io sforzo, la tensione. " Non ero solo regista, ma anche produttore, cameraman, capo operatore, montatore… - mi spiega Granier. Ci ho messo due anni e mezzo per ridurre tutta la pellicola che avevo girato a poco più di cinquanta minuti. Conta il risultato : è quello che volevo fare, sono passati quasi dieci anni

dalla prima stesura del copione all’uscita nelle sale. Questo film è una metàfora, volevo dire, forse perché ero uscito da dolorose esperienze, che niente è perduto, tutto è possibile anche se si soffre enormemente, anche se si è all’agonia, anche se si pensa di morire dalla paura dalla follia, è possibile ritrovare in se stessi quell’aura propria all’infanzia, cioè la possibilità di

rinascere a se stessi per incantAre il mondo ed esserne incantati. Bisogna riconoscere che la sofferenza ci permette di apprezzare la gioia alla quale tutti partecipano con la rinascita dell’a1tro ".

Il montaggio del film è durato più di due anni, Granier si soffermava sulle immagini per ore intere nello stile della sua pittura di miniaturista. Nella sala d'esposizione parigina dove presenta in questo momento i suoi quadri punti, linee, visi intravisti attraverso la nebbia, girandole di colori a volte ottenute con il computer, danno ai visitatore il desiderio di penetrare al dilà dello specchio corne Alice nel paese delle meraviglie . " Il film stesso è una " Mummia ", mi spiega il cineasta-pittore, che risuscitavo io stesso facendole ritrovare la luce grazie ai rifflettori; la cinepresa è un pennello che cattura la vita, coi 25 immagini al secondo, nel momento in cui si gira passano la vita e la morte". Che progetti ha ora Granier? Semplicemente di trasformare il Colosseo in una sala di teatro europeo coprendolo con una volta trasparente movibile come è stato fatto a Nîmes che possiede un magnifico anfiteatro romano (le Arene) dove, oltre l'estate, si possono dare d'inverno grandiosi spettacoli. Per Il miniaturista, per il sognatore, per il generale che s’impegna in una battaglia con se stesso, per quest'uomo dall'aspetto calmo, sereno, che si sente vicino a tutta l’umanità, l'universo intero è o sarà nel suo obiettivo. Questa è fede nella rinascita del cinema e nelle capacità di sognare di ognuno di noi.

 

Ada Carella per il quotidiano Giornale di Brescia.